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Una storia dell’orrore italiana – Paolo Prevedoni

C’è tutto quel che serve
Esiste niente di più bello, in una calda estate, di trangugiarsi con gusto un bell’horrorazzo di seicento pagine? E’ quello che è successo a me con Una storia dell’orrore italiana, un horror ambientato nella bassa Padana, scritto bene, coinvolgente, scurrile al punto giusto e con un ottimo retrogusto alla Pupi Avati.
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Horrorstör – Grady Hendrix

Design esclusivo per animi temerari
E se vi dicessi che esiste un horror ambientato all’Ikea, STRUTTURATO come un catalogo Ikea?
In ogni coppia c’è una regola non scritta: se non sei tu quellə che odia andare all’Ikea, allora è il tuo partner.
Ma niente paura: dopo aver letto Horrostör, questa discrepanza è destinata a colmarsi. Credetemi, nessuno vorrà più entrare in quel labirinto di legno pressato, finte finestre, cuscini, asciugamani e candele a tutti i gusti più uno.
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Zombie – Joyce Carol Oates

Uno zombie tutto per sè
Quentin è un ragazzo normale. Un ragazzo normale e per bene, che studia, lavora come custode nella casa di famiglia che viene affittata a giovani studenti stranieri, va regolarmente dallo psicologo ed è amato dalla nonna. E poi si, vabbè, sta scontando due anni di libertà vigilata per aver molestato un ragazzino nero e colleziona strumenti chirurgici rubacchiati qua e là perché lui, Quentin, o Q_, come preferisce chiamarsi, ha un sogno: avere uno schiavo zombie che esaudisca i suoi più bassi desideri.
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Fotogrammi di un film horror perduto – Helen McClory

Fugaci attimi di orrore
Click! Vrrrrrr. Flap flap flap flap. A questo mi ha fatto pensare questo libro, a una Polaroid. Si scatta una foto, la pellicola viene sputata fuori, e, mentre la si agita, dal nero compare lentamente l’istantanea di un attimo, un fotogramma di vita dai bordi confusi. Ed è qui che si ferma HelenMcClory, un istante prima che l’immagine si sviluppi e diventi del tutto nitida, quando le ombre sulla pellicola potrebbero essere indifferentemente umani o mostri.
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Pet Sematary – Stephen King

I don’t wanna be buried in a pet sematary
Un giorno imprecisato del 1989 Stephen King invita i Ramones per vedere una partita di baseball in tv. In quell’occasione regala a Dee Dee Ramone una copia di quello che lui stesso definisce il suo romanzo più terrificante. Pochi mesi dopo esce Brain Drain, e all’interno dell’album c’è una canzone dedicata proprio a quel romanzo, il cui indimenticabile ritornello “I don’t wanna be buried in a pet sematary / I don’t want to live my life again” ha fatto da imprescindibile colonna sonora a tutta la mia lettura.
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Casa di Foglie – Mark Z. Danielewski

Un geniale libro labirinto, capolavoro assoluto della letteratura ergodica
La storia gira intorno a tre personaggi principali: Johnny Truant, un ragazzo che già di suo non sta proprio benissimo con la testa, il quale trova in casa di Zampanò, un vecchio alquanto strano deceduto di recente, un baule contenente gli appunti per un manoscritto. Si tratta dell’analisi e della ricostruzione di un docu-film che Billy Navdson, fotografo di successo, ha girato all’interno della sua casa, intitolato “The Navidson Record”. Ora se vi state chiedendo perché qualcuno dovrebbe girare un docu-film all’interno della propria casa, state facendo la domanda giusta. E la risposta è che all’interno della casa di Billy, trasferitosi da poco con la sua famiglia, compare all’improvviso una porta. Dietro a questa porta non c’è nient’altro che un corridoio completamente buio, o almeno questo è quello che sembra all’inizio.
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Nimbus – Alessio Gallerani

Un buon libro con un terribile finale
Nimbus è un libro decisamente strano, una sorta di urban-fantasy (così lo definisce la casa editrice) che sconfina nell’horror e che ha i suoi perchè. I protagonisti sono adolescenti credibili che per una volta hanno cervello (anche se, paradossalmente, non dovrebbero), nel pieno di quel periodo della vita in cui hanno a che fare con i bulli e con una famiglia che sentono ostile, alla prese con i primi amori, come quello di Simon per Selene, e con problemi che gli sembrano troppo grandi.
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Abbiamo sempre vissuto nel castello – Shirley Jackson

Il delicato e ironico senso del macabro di Shirley Jackson
Constance, Mary Katherine detta Merricat e l’anziano zio Julian vivono una vita idilliaca, o almeno così sembra, in una grande villa ai margini del paese. Gli altri membri della famiglia Blackwood sono tutti morti, avvelenati sei anni prima da una zuccheriera contenente arsenico durante un pranzo familiare. Constance, unica indiziata dell’omicidio, è stata assolta, ma nonostante questo gli abitanti del pease non hanno mai smesso di fare pettegolezzi e guardare gli unici sopravvissuti della famiglia Blackwood con disprezzo e sospetto.