Probabilmente sbaglia chi crede che vi sia un limite all’orrore che la mente umana può sperimentare. Al contrario, per quanto possa dispiacere ammetterlo, l’esperienza umana tende, per molti aspetti, a confermare che, quando l’incubo diventa sufficientemente cupo, orrore dà origine a orrore, un male fortuito genera altri e spesso più deliberati mali, finché la tenebra sembra ricoprire tutto. E l’interrogativo più agghiacciante potrebbe essere, forse, quanto orrore la mente umana può sopportare pur conservando un equilibrio vigile, attento, implacabile.
Un giorno imprecisato del 1989 Stephen King invita i Ramones per vedere una partita di baseball in tv. In quell’occasione regala a Dee Dee Ramone una copia di quello che lui stesso definisce il suo romanzo più terrificante. Pochi mesi dopo esce Brain Drain, e all’interno dell’album c’è una canzone dedicata proprio a quel romanzo, il cui indimenticabile ritornello “I don’t wanna be buried in a pet sematary / I don’t want to live my life again” ha fatto da imprescindibile colonna sonora a tutta la mia lettura.
Ma Pet Sematary non ha affatto il tono scanzonato e rockeggiante della sua omonima canzone. È un romanzo tragico e crudele, in cui l’orrore non risiede tanto nel soprannaturale, quanto nell’uomo, e che ha come fulcro l’incapacità umana di prostrarsi di fronte all’unico avvenimento a cui non c’è rimedio: la morte. A cosa saremmo disposti, a quali orrori potremmo piegarci, quanto in là potremmo spingerci se avessimo la possibilità di riportare indietro qualcosa di caro?
Tutto ha inizio quando Louis Creed si trasferisce con la moglie, i due figli e il loro gattone nero di nome Winston Churchill in una casetta nel Maine. Ben presto la famiglia scoprirà che sulla collina alle spalle della loro ridente abitazione c’è un cimitero per animali domestici, in cui i bambini del paese seppelliscono i loro amati animaletti, spesso caduti vittime della trafficata strada statale che scorre proprio di fronte alla casa dei Creed.
Dopo una serie di sogni terribilmente realistici però, Louis capisce che nascosto nei boschi oltre la barriera di tronchi che delimita il cimiero c’è ben altro…
Sin dalle prime pagine non è difficile intuire i tragici risvolti dell’abisso a cui stiamo affacciando, ed è proprio questo ineludibile baratro a fare di Pet Sematary un capolavoro della suspense.
La piega degli eventi insomma è chiara fin da subito, spesso è addirittura l’autore stesso a fare anticipazioni sulla trama durante la narrazione, e nonostante ciò, o forse proprio per questo, non si può non continuare a scavare. Perché il punto non è sapere cosa accadrà, ma farsi capaci di quanto orrore può generare la mente umana, sostituire all’incredulità la consapevolezza di star andando incontro all’inevitabile, armati solo della speranza -forse vana- che la ragione abbia la meglio sul dolore.
Film tratti dal libro
Dal libro fu tratto nel 1989 un film diretto da Mary Lambert, uscito in Italia con titolo di Il cimitero vivente. Nella colonna sonora sono presenti due tracce dei Ramones, tra cui l’omonima Pet Sematary. Il film fu il primo adattamento di un libro di Stephen King a includere il suo nome nel titolo. Lo stesso King, sebbene deluso dalla trasposizione del libro, apparve nel film nel ruolo di un pastore al funerale.
Ci fu anche un seguito (con meno successo del primo) intitolato Cimitero vivente 2.
Nel 2019 è uscito un remake de Il cimitero vivente, stavolta mantenendo il titolo originale di Pet Sematary, diretto da Kevin Kölsch e Dennis Widmyer.