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Il grande animale – Gabriele di Fronzo

Classificazione: 4 su 5.

Il mio lavoro, facile capirlo, ha a che fare con la parte viva dei morti.

– pag. 14

Il grande animale, opera prima di Gabriele di Fronzo, è un libro devastante, un incedere lento nella memoria del difficile rapporto tra il protagonista e suo padre, ormai anziano, una scrittura magistrale che disseziona, e mai termine fu più appropriato, la fragilità della vita e l’incolmabilità del vuoto lasciato dalla morte.

<h3>Camminare sul ponte tra la vita e la morte</h3>

Francesco Colloneve è un tassidermista. Il suo è un mestiere minuzioso, fatto di grandi silenzi, un lento susseguirsi di meticolose operazioni volte a ricostruire qualcosa che non c’è più; a ritrovare, nella morte, la parte viva.
Ma un tassidermista è abituato a lavorare sul fatto ormai compiuto, quindi quando Francesco è costretto a trasferirsi da suo padre, ormai anziano e malato, si trova faccia a faccia con la dicotomia tra il prendersi cura di ciò che non è più vivo e di ciò che, invece, non è ancora morto.

La memoria di un vecchio che si tarla, le sue ossessioni, lo sgretolarsi di una vita che si disfa un pezzo alla volta fanno emergere un passato fatto di cose non dette, memorie di un genitore violento e delle frustrazioni represse di un bambino ormai diventato adulto, cicatrici mai richiuse perché neanche chi sa maneggiare i ferri del mestiere può sanarle.
Quando sopraggiunge l’inesorabile epilogo, la maestria appresa negli anni si trasforma per Francesco in una catarsi in cui il maniacale controllo costituisce l’unico modo per non andare in pezzi.

Il grande animale, esattamente come quello del tassidermista, è un lavoro di cesello in cui il tempo si dilata e i brevi paragrafi che si susseguono intessono un clima sempre più tossico e colloso. In cui la prosa maestosa e ricercata (vi lascio la foto di una pagina per deliziare i vostri occhi) fa da impalcatura a quel ponte, oscuro e doloroso, che unisce il rancore al rimpianto, la memoria all’oblio, la vita alla morte.

Un libro stranissimo che mi ha colpita profondamente.

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  • Genere: ,
  • Lingua originale: Italiano
  • Anno pubblicazione: 2016
  • Isbn: 978-8874525782
  • Casa editrice: Edizioni nottetempo
  • Pagine: 161
Francesco Colloneve, imbalsamatore per mestiere, ha imparato che non c'è modo di scampare alla perdita e dunque tanto vale esercitarsi in tutti quei gesti che aiutano a sopravvivere agli abbandoni. Quando il padre si ammala, la sua memoria tarlata è l'occasione per ricordare insieme mancanze e colpe di cui Francesco porta ancora i segni. Ma è alla morte del genitore, da cui si è dovuto trasferire, che Colloneve - esperto di abbandoni per indole nonché per professione - dovrà usare tutte le sue strategie per trasformare il dolore del lutto in un incantesimo di eternità. Perché se, come ha scritto Elizabeth Bishop, "l'arte di perdere non è difficile da imparare", più complicata è l'arte di sopravvivere alle cose perse. In questo suo romanzo di esordio, con una lingua esatta e tagliente - che evoca gli strumenti del suo protagonista Di Fronzo ci racconta come far si che ciò che altrimenti subito scomparirebbe, rimanga nostro per sempre.

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