Scrivere weird non è facile, e tantomeno lo è farlo in Italia, paese in cui, a causa della scarsa quantità di lettori, i generi di nicchia -o per meglio dire meno mainstream- finiscono spesso per non trovare il giusto spazio e in molti casi rischiano proprio di non vedere mai la luce. Eppure qualcuno ci prova, e c’è da dire che ci riesce alla stragrande!
Decluna è un romanzo ammantato da un’atmosfera carica di segreti e aspettative che ha l’odore dolciastro della terra bagnata e del sangue rappreso. Un romanzo che affonda le proprie radici (e qui mai termine fu più appropriato) in un’Italia rurale in cui sopravvivono ancora, ormai perfettamente integrati con la religione cattolica, rituali ancestrali legati alla Terra e alla ciclicità della vita.
Un caldo soffocante e una calma apparente circondano Decluna, un minuscolo paesino fittizio arroccato nel basso Lazio in cui Alba, la nostra protagonista, viene invitata per assistere alle esequie della madre che l’aveva abbandonata molti anni prima. Al suo arrivo nel paese Alba cerca di ripercorrere gli ultimi anni della vita di sua madre e di comprendere i motivi che la spinsero ad abbandonarla. Ma quello che si troverà davanti è una realtà cristallizzata nel tempo e chiusa su se stessa che cela nei suoi meandri qualcosa di ben più grande e oscuro.
Sin dalle prime pagine si viene rapiti da un vortice di sensazioni che si fanno sempre più intense e soffocanti. I misteri e le verità celate che strisciano sotto le fondamenta di Decluna si stringono intorno alla figura di Alba, così come gli abitanti del piccolo paese che sembrano lentamente ma inesorabilmente chiudersi come un bozzolo sulla protagonista in un crescendo tribale e lisergico.
Quello che ne scaturisce è un romanzo scuro, claustrofobico e pregno di quel mistero ancestrale in cui realtà e incubo si fondono in un calice di liquido vischioso, dall’aspetto invitante ma intimamente intriso di terribili presagi.