Erano quattro i cadaveri. […]
— pag. 36
Altri due come gli altri, sbiaditi e stranieri. Lo spazzino disse che per fortuna non gli avevano mica fatto tanto effetto, solo un giramento di testa, nel vederli così diversi, così altri, mica come noi.
Un corpo riverso nel mare, quel mare dove tutto ciò che galleggia, che siano pesci, gabbiani o buste di plastica, è per forza morto. La pelle sbiadita dall’acqua, ma con lineamenti chiaramente diversi e di un colore “altro”, la pelle di qualcuno che viene da “un altro mare“.
E’ così che inizia l’incubo di DF, fittizia -ma forse non troppo- cittadina del sud Italia. A quel cadavere senza nome e senza provenienza se ne aggiunge presto un altro, poi due, poi tre, finché non iniziano ad arrivare a intere ondate, migliaia e migliaia di corpi trascinati dal mare che si riversano senza sosta in città. Venuti da non si sa dove, quelli, e poco importa ai cittadini che non hanno tempo di farsi domande.
Carnaio è un romanzo agghiacciante, crudissimo, che richiede una certa dose di pelo sullo stomaco. Quella davanti a cui si trova DF è una catastrofe a cui lo Stato non sa come rispondere, tentenna, chiede tempo. Ma di tempo non ce n’è, le strade della città sono invase dalla morte che imputridisce e così, nella scelta obbligata tra noi e quelli, i cittadini di DF scelgono il noi.
Cavalli mette in scena uno scenario asfissiante, una drammatica e raccapricciante escalation in cui l’asticella della moralità viene spostata sempre un pochino più in basso, in cui l’orrore diventa necessità e di necessità -si sa- si fa virtù, in cui la disumanizzazione cavalca l’onda del malcontento in un incalzante ribaltamento dei valori.
Devo confessare che durante la lettura ho avuto dei dubbi sul come certe cose venissero proposte, quasi fossero giudicate a priori giuste o sbagliate in una situazione in cui però non venivano offerte alternative, in cui sarebbe umanamente difficile scegliere. Insomma ho avuto la fastidiosa sensazione che la mia scelta volesse essere pilotata verso l’una o l’altra fazione.
Ragionandoci a mente fredda però, mi sono resa conto che il punto del libro è proprio questo: il lettore viene messo davanti al continuo dubbio morale tra chi abbia ragione e chi torto, alla ricerca del confine tra giusto e sbagliato, tra cosa è umano e cosa è necessario, tra moralità e moralismo.
Ciò che è universalmente detestabile con il tempo diventa accettato e finisce per essere desiderato.
Tramite una narrazione corale e con una scrittura molto “Saramaghesca”, il romanzo di Cavalli mette in luce, con un’iperbole distopica ma molto centrata, l’Italia di oggi: i populismi, la paura del diverso, la chiusura mentale -e fisica- di una nazione, il lucrare sulla pelle d’altri, ma anche chi giudica senza offrire alternative nè aiuto, l’abisso che intercorre tra idea e azione.
Carnaio è un romanzo straziante e necessario, con molti livelli di lettura. Sta al lettore scegliere. E la risposta, credetemi, non è affatto scontata come sembra.
Nota ai possibili lettori: questo romanzo contiene scene piuttosto crude, macabre e disturbanti che potrebbero urtare la vostra sensibilità.
Frasi dal libro
Pesci morti, alghe morte, gli oggetti nati morti come le buste che si arrotolano alle eliche e santiddio il nervoso che gli sale quando il motore comincia a biascicare, i pescatori dispersi e poi morti, i gabbiani precipitati, le zanzare annegate: se galleggi, sei morto o sei una cosa, nel mare. (pag. 8)
[…] un amico di quelli che vogliono difendere l’umanità col culo degli altri dicevano stizziti i cittadini di DF che lo osservavano da lontano come si sta a distanza dalle persone che non ci assomigliano e da cui non vogliamo farci intaccare, quasi che la prossimità rischiasse di mischiare i geni e le abitudini e le tradizioni […] (pag. 113)