«Lasciate che vi spieghi la situazione. La ragione per cui voi tutti oggi siete qui è… » Fece una pausa e poi disse: «… per ammazzarvi a vicenda».
Prendi Il signore delle mosche, Hunger Games, Fortnite e butta via tutto (no vabhè, il Signore delle mosche magari tienilo). Battle Royale è una bomba che ti esplode in piena faccia, un capolavoro del pulp che, dopo essere stato rifiutato da svariati editori e premi letterari, è divenuto in Giappone il libro più venduto di tutti i tempi, ispirando manga, film e videogiochi.
Nella Repubblica della Grande Asia dell’Est ogni anno un’intera classe di 15enni viene estratta a sorte per partecipare al Programma. A loro insaputa, gli studenti vengono trasportati su un’isola precedentemente evacuata e ognuno di loro viene dotato di uno zaino contenente alcuni viveri e un’arma casuale (che può essere un mitra così come una forchetta) e di un collare esplosivo. Scopo del gioco: uccidersi l’un l’altro finché non ne rimarrà solo uno.
Barare è impossibile: se tenti la fuga, il collare esplode. Se nessuno muore entro 12 ore, il collare esplode. Se entri in una zona vietata, il collare esplode.
Battle Royale è cattiveria allo stato solido, un page turner in cui ogni cosa viene messa in discussione: principi morali, amicizia, fiducia, i sogni di quelli che fino a un attimo prima erano solo ragazzini. Tutti gli studenti, anche i più restii, sanno che prima o poi dovranno piegarsi alle dinamiche del gioco. Uccidere o essere uccisi, non ci si può fidare di nessuno, anche se chi ti trovi di fronte è un vecchio amico.
Certo i personaggi forse sono un po’ stereotipati (ci sono le ragazzine terrorizzate, il gruppo dei bulli, il ragazzo bello bravo e intelligente, la coppietta inseparabile, il solitario), ma non è questo quello che conta. Con indubbia maestria Takami riesce a tracciare in poche righe il profilo psicologico di ognuno di loro. 42 studenti terrorizzati che di punto in bianco si trovano costretti a compiere gesti terribili. E ad ogni pagina viene impossibile non chiedersi “io cos’avrei fatto?”
Pulp, spietato, a tratti quasi splatter. In Battle Royale non c’è scampo né salvezza, ci sono solo il conflitto interiore tra il rimanere saldi ai propri principi e il sopravvivere, la disperazione di veder morire a uno a uno i propri compagni e la crudeltà, che sia essa imposta o fine a se stessa. Al termine di ogni capitolo, un inesorabile cowntdown con il numero degli studenti rimasti in vita segna l’avanzare di un crudele e insensato destino.
E’ un romanzo dai risvolti agghiaccianti che però, come in una sorta di trance voyeuristica, non ti permette di lasciarlo fino all’ultima pagina.
Se vogliamo vederlo in senso più ampio, oltre a essere un’aspra critica alla società scolastica giapponese, secondo l’autore terribilmente competitiva, il libro potrebbe essere visto anche come una cruda metafora dell’adolescenza in cui i più forti tendono a prevaricare sui più deboli, in cui le dinamiche interpersonali fanno la differenza e alla fine, in qualche modo, se ne esce sempre con qualche osso rotto.
Film ispirati al libro
Nel 2000 è uscito un film omonimo diretto da Kinji Fukasaku. Il film è stato un mainstream blockbuster, diventando uno dei 10 film di maggiore incasso in Giappone, ed è stato distribuito in 22 paesi del mondo (tra cui l’Italia).
Fukasaku iniziò a lavorare al sequel, Battle Royale II: Requiem, ma morì di cancro il 12 gennaio 2003 dopo la ripresa di una sola scena. Suo figlio, Kenta Fukasaku, completò il film nel 2003 e lo dedicò a suo padre.
Manga ispirati al libro
Dal libro è stato tratto anche un manga omonimo, Battle Royale abbreviato in BR o BR act. Il manga è opera di Koushun Takami, l’autore del romanzo, e del mangaka Masayuki Taguchi. Il manga (come del resto il romanzo e il film) ha una storia particolarmente violenta, tanto da avere scatenato in Giappone violente polemiche.