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Blu quasi trasparente – Ryū Murakami
Una storia dura, senza fronzoli, senza movente, bellissima.
Un avvertimento per i potenziali lettori di questo libro: se avete pregiudizi riguardo al sesso di gruppo o al sesso alternativo, dovreste evitare questo romanzo. Se avete problemi con l’abuso di droghe e con i connubi droga/alcool che inducono il vomito, dovreste evitare questo romanzo. Se avete letto Trainspotting, Meno di Zero, o anche solo Gang Bang di Palahniuk e li avete trovati disgustosi, disturbanti o in qualunque modo lesivi del vostro credo o della vostra persona, dovreste evitare questo romanzo.
Il Giappone è un paese pieno di contraddizioni, dove l’estremo pudore si affianca agli hentai e ai bukakke, la cerimonia del thè alla Yakuza, le delicate Geisha da spettacolo alle prostitute bambine. Non mi sono meravigliata quindi quando ho letto che questo libro, vincitore del Premio Akutagawa nel 1976, è stato definito “il libro che ha sconvolto il Giappone”, forse proprio perchè per la prima volta qualcuno osava parlare dell’altra faccia della medaglia di una società ordinata e limpida: al contrario della la scrittura onirica e delicata dell’altro Murakami, Haruki, o di Banana Yoshimoto, qui troviamo la crudeltà sbattuta in faccia ed esposta fino all’osso.
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Nel segno della pecora – Haruki Murakami
Nella penombra dove tutto può accadere
Con i libri di Murakami si perde il senso della realtà. Molte delle immagini presenti in questo libro ritornano in Dance Dance Dance, seguito immaginario di questa storia ma probabilmente più maturo e più elaborato. Non bisogna, secondo me, cercare troppo di comprendere, non all’inizio almeno, perché altrimenti la storia risulterebbe nient’altro che un pastrocchio senza molto senso, ma solo abbandonarsi alla sua diversa e “altra” realtà. Leggendo il libro si compie un viaggio, anzi due, uno alla ricerca di una strana pecora dotata di enormi poteri, figura ricorrente della scrittura di Murakami, cercando la soluzione di un mistero, e uno metaforico alla ricerca di sé, di quel sé essenziale e autentico che si scopre, a un certo punto, aver smarrito o non aver mai raggiunto.
Con i libri di Murakami si perde il senso della realtà. Molte delle immagini presenti in questo libro ritornano in Dance Dance Dance, seguito immaginario di questa storia ma probabilmente più maturo e più elaborato. Non bisogna, secondo me, cercare troppo di comprendere, non all’inizio almeno, perché altrimenti la storia risulterebbe nient’altro che un pastrocchio senza molto senso, ma solo abbandonarsi alla sua diversa e “altra” realtà. Leggendo il libro si compie un viaggio, anzi due, uno alla ricerca di una strana pecora dotata di enormi poteri, figura ricorrente della scrittura di Murakami, cercando la soluzione di un mistero, e uno metaforico alla ricerca di sé, di quel sé essenziale e autentico che si scopre, a un certo punto, aver smarrito o non aver mai raggiunto.
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Dance Dance Dance – Haruki Murakami
La perfezione che divora l’imperfezione
Per i folli ed effimeri sognatori senza un meta è troppo “terreno”, agli occhi di chi ha fatto la ragione il proprio metro appare troppo “impalpabile”, quasi al punto di rasentare il ridicolo. Dance dance dance si trova nel mezzo; posizione questa ch’è, effettivamente, scomoda. Qui giace il dubbio e l’incompreso. Murakami può essere frainteso, può non essere capito, può essere denigrato, offeso ed osannato, ciò che sicuramente non gli potrà accadere è di passare inosservato.
Il protagonista del romanzo, un giornalista free-lance, e i numerosi personaggi, che incontra durante il suo percorso di crescita, sono indissolubilmente legati da un componente metafisico. Nel libro l’elemento di congiunzione tra reale e soprannaturale, psichico e psicologico, vecchio e nuovo, vita e morte è rappresentato dal misterioso uomo-pecora. L’essere si manifesta nel Dolphin Hotel di Sapporo e, in quanto custode dell’esistenza del protagonista, è il solo in grado connetterlo con la vita e con il mondo reale. La storia ha inizio in questo albergo misterioso e trova un naturale epilogo al suo interno. Così grazie all’uomo-pecora il protagonista intraprende un percorso esistenziale che lo porta a muoversi in una realtà di cui fanno parte personaggi insoliti, in parte bizzarri, legati gli uni agli altri in maniera imperscrutabile. Compaiono sulla scena: Yumiyoshi una receptionist nervosa e riservata, una ragazzina, Yuki, in grado di percepire altre realtà, gli egoisti genitori di Yuki, alcune squillo d’alto bordo, Gotanda un famoso e affascinante attore, Dick North un poeta senza braccio e, infine, sei scheletri che guardano la tv in un salotto di Honolulu. La scrittura è come sempre piacevole, coinvolgente e descrittiva come se Murakami volesse invitare anche noi a danzare con il protagonista. In fondo il messaggio finale, rivolto al genere umano, è ancora una volta un’esortazione a non avere paura di vivere.