La nebbia si squarciò e l’isola, annunciata da lontano dalla furia dei marosi, apparve così terrificante che il marinaio Anacarsi, aggrappato alla barra, gridò dallo spavento.
Già da molte ore la sua tartana, la Fena, correva alla deriva, attratta dalla mortale calamita di quegli scogli mostruosi, percossi dai grandi flutti lividi e coronati dalla collera fiammeggiante dei fulmini.
— incipit
Pubblicato nel 1943, e in Italia per la prima volta nel 1966 dalla Sugar, entrambe le successive edizioni italiane del libro, di cui l’ultima uscita nel 2006 per la collana Urania Horror di Mondadori sono ormai fuori catalogo. L’ultima versione è però acquistabile in ebook su tutti i più conosciuti ebook-store.
Cosa c’è di più affascinante di un’antica dimora, enorme e oscura, il cui nome, Malpertuis, significa “dimora del Maligno”?
Malpertius è, per sommi capi, una sorta di giallo-horror, o, come lo si definisce nella postfazione, weird, ovvero un horror in cui “non tutti i mostri vengono per nuocere”.
Il narratore, ladro di mestiere, viene in possesso di un plico contenete diari, appunti e scritti vergati da quattro diversi narratori, che hanno come soggetto proprio la dimora di Malpertuis la quale, secondo questi documenti, cela un oscuro segreto sui suoi abitanti.
C’è, narra Duocedame il Vecchio, una strana e misteriosa isola dispersa nell’Egeo, un’isola dove creature si agitano tra le nebbie ed elevano al cielo i loro goffi, gutturali lamenti. Su questa isola c’è la dimora dello zio Cassave, una gotica costruzione avvolta nell’oscurità perenne, dove le candele che illuminano i corridoi vengono spente da sinistre entità per torturare uno degli abitanti, il povero Lamparnisse. Oltre a Lamparnisse, nella casa vive, costretto alla coabitazione a seguito dello strano testamento dello zio Cassave, un bizzarro gruppo di persone formato da parenti, domestici e strani estranei.
Tra le molte stanze della casa, che nella narrazione sembrano quasi moltiplicarsi e mutare come se la dimora fosse viva, si aggirano questi individui in un’atmosfera di gelido distaccamento, sguardi celati e cose non dette, scricchiolii della vecchia costruzione si, ma anche raggelanti sussurri e crepitii. Il vero terrore però, comincia quando la morte miete fra gli inquilini della casa le prime vittime in modi che, neanche a dirlo, non hanno nulla di naturale. Ma chi è chi e che cos’è, davvero, Malpertuis?
Se vi aspettate la classica casa stregata, non è così. Malpertius è infatti dimora di un segreto che risale all’alba dei tempi, costretto e rinchiuso tra le sue mura da un antico sortilegio tramite il quale l’uomo ha piegato forze arcane al suo volere. Jean Ray costruisce un horror fuori dagli schemi, non di semplice comprensione a causa dei suoi molti lati oscuri, che pulsa e vive dei suoi stessi personaggi, creature che non possono sottrarsi al destino che l’autore ha predisposto per loro, un destino fatto di ira, decadenza, morte e oblio. Il paese in cui sorge la dimora di Malpetuis non è da meno: losche e terrificanti figure si aggirano tra le sue vie desolate, come se il male scaturito dalla casa dilagasse e penetrasse l’aria circostante, impregnandone le mura e le anime degli stessi abitanti.
Ray si diverte a mescolare le carte, giocando sulle figure dell’horror classico per creare qualcosa di nuovo e particolare, che poi verrà ripreso in chiave diversa, non è chiaro se con cognizione di causa o per puro caso, da un altro grande scrittore contemporaneo (che non posso citare perchè lo spoiler sarebbe immediato).
Malpertius è un libro che forse necessiterebbe di almeno due letture, una per godersi l’atmosfera cupa e sinistra, l’altra, una volta svelato il finale, per cogliere le sottili sfumature, gli indizi che Ray dissemina lungo il cammino ma che alla prima lettura non risultano di facile comprensione e che anzi gettano ancora più mistero sulla trama del libro.
Malpertuis è un piccola perla estremamente poco conosciuta di quell’horror “altro”, vicino ed equidistante da Lovecraft e Poe, in cui l’orrore non è fine a sé stesso, ma cela verità paradossali e inquietanti che solo pochi, eletti scrittori sono riusciti ad immaginare.
Se hai già letto il libro…
Trasposizioni cinematografiche
Il film, diretto nel 1971 da Harry Kümel, fu presentato nel 1972 al Festival Cannes e nominato per la Palma d’Oro. Il cast vede tra gli attori Orson Welles nei panni dello zio Cassave.
Purtroppo, nonostante ne esistano varie versioni in DVD, nessuna di queste contiene nè audio, nè sottotitoli in Italiano.
Frasi dal libro
Mi chiamo Lamparnisse e amavo i colori. ora, sono stato messo nel buio più buio. Un tempo vendevo il nero animale e il nero carbone, ma non ho mai servito il nero della notte a nessuno. Sono Lamparnisse. Sono così buono e sono stato gettato nella notte, con qualcuno che spegne sempre i lumi.
L’autunno passò, senza gioia e senza gloria. Forse, oltre i bastioni della città, rendeva i boschi dorati, ricopriva i sentieri di un morbido tappeto di foglie su cui era dolce camminare, carpiva l’inno della fecondità all’arpa dei frutteti e disperdeva a generose manciate sani e robusti piaceri, ma, tra le dimore degli uomini, si mostrava poco generoso e avaro di sorrisi.
Malpertuis mi chiamava, così come forze antichissime fanno segno, attraverso lo spazio, agli inquieti uccelli migratori.
La casa del prozio Cassave si ergeva nella notte, enorme e nera come una montagna. Le imposte erano chiuse come le palpebre dei morti e il portico aveva la profondità macabra di un abisso.
Il segnalibro
Jean Ray
Raymond Jean Marie De Kremer, noto soprattutto come Jean Ray e John Flanders è nato ed è morto a Gand (1887-1964) e ha avuto un’esistenza piuttosto avventurosa, culminata in un’accusa di appropriazione indebita e nell’arresto. Al fantastico belga, e più in generale di lingua francese, Jean Ray ha dato opere memorabili come Malpertuis (1943), I racconti del whisky (1923-’46), recentemente tradotti in italiano da Hypnos, e centinaia di altri testi brevi, come quelli contenuti nella raccolta La casa stregata di Fulham Road e altri orrori a cura di Sebastiano Fusco e Luigi Cozzi.