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Il mostruoso femminile – Jude Ellison Sady Doyle
Il patriarcato e la paura delle donne
In principio ci fu Lilith, e dopo di lei Melusina, la caccia alle streghe, gli esorcismi, fino ad arrivare a Regan e Carrie, al T-rex di Jurassic Park e alle final girl dei film slasher. Tutte queste figure femminili sono accomunate da un singolo tratto universale: se non si è prede -vittime-, allora si è mostri.
Il mostro non è nient’altro che un essere reso deforme e spaventoso perché fuori controllo, e cosa, nella concezione patriarcale, può essere più fuori controllo di una donna libera?
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Slasher – Marco Greganti
Chi ha paura dell’uomo nero?
Prendi un gruppo di giovani ragazzi -diciamo universitari- che partono per un viaggio, prendi una casa nel bosco, un campeggio o un villaggio sperduto, e prendi un assassino psicopatico -possibilmente mascherato- che uccide con armi bianche. Condisci tutto con urla, tanto sangue e un’unica sopravvissuta, la final girl, e avrai fatto uno Slasher. Figo eh?
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Speciale B-movies: animali killer
In questo sito parlo sopratutto di libri. Ma se andate a spluciare un po’ di post (o anche nel menu delle categorie qui accanto), si nota che ogni tanto non posso esimermi da spendere qualche parola anche per i film. In questo caso specifico è da un po’ che ci penso, ed è venuto il momento di srotolare un pò di sana cultura B-movie. Voglio dedicare questo primo speciale (e forse ultimo?) a un genere che mi diverte molto e del quale seguo i vari passaggi in tv alle ore più assurde: gli animali killer. Si, lo so, non ve l’aspettavate. Sicuramente non rientrano nel gotha del cinema, né nei migliori film da vedere prima di morire, ma un po’ di cultura underground non può far male a nessuno.
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Grindhouse – A prova di morte
Nato inizialmente proprio con questo concetto, e per essere proiettato insieme al film di Rodriguez Planet Terror, Grindhouse ha purtroppo ricosso uno scarso successo commerciale negli USA, che ha fatto sì che per molti mercati esteri, come in Italia, i produttori dividessero i due film proiettandoli come prodotti a sè stanti. Ed è proprio così che ci siamo ritrovati nelle sale un Death Proof più lungo di mezz’ora, senza alcuna traccia del film diretto da Robert Rodriguez né dei famigerati “finti trailer” che intervallavano i due film nell’edizione originale. Posto che Death proof è un oggetto difficile da cogliere se privato del sopracitato contesto, e che a tutti noi non può che dispiacere del barbaro sezionamento di un progetto così interessante, il Tarantino cinefilo e appassionato dei B-movie si regala comunque la possibilità di girare un film in cui si utilizzano i-pod e cellulari ma in cui i colori, le rigature, gli stessi salti di fotogramma sembrano quelli di un film del 1977 non troppo ben conservato. Fin qui tutto bene perché il godimento è elevato. Lo è anche nelle esplosioni di violenza che trovano il loro spazio nel terzo finale di ognuna delle due parti in cui è diviso il film.
Solo che per giungere a ciò si devono sorbire lunghe, tarantiniane chiacchierate. Si tratta senza dubbio dell’ennesima provocazione del luciferino Quentin (che compare come sempre in un cameo): volete l’azione? Volete lo splatter? Aspettate. I tarantiniani doc sono pronti a tutto e quindi apprezzeranno.
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Drag me to hell
Titolo originale: Drag me to Hell Genere: commedia horror Anno: 2009 Regia: Sam Raimi Visto: al cinema teatro Politeama (Poggibonsi […]