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Terminus Radioso – Antoine Volodine

Antoine Volodine si auto-definisce uno scrittore post-esotico, e temo di non poter essere particolarmente d’aiuto nella definizione di questo termine che non credo di aver afferrato ancora del tutto. Io però lo definirei senza dubbio post-umano. Terminus Radioso è infatti un distopico che frantuma tutti i canoni della narrazione classica per creare un’apocalisse senza tempo, dove non esiste una fine se non lo spegnersi e, forse, neanche quello.

In una Seconda Unione Sovietica post-nucleare si intrecciano le storie dei pochi sopravvissuti, soldati e dissidenti, immersi in un paesaggio rarefatto, una sorta di non-mondo dominato dalle radiazioni. Un’atmosfera estraniante in cui lo spazio e il tempo assumono una dimensione quasi onirica.

Su tutto spicca Terminus Radioso, un kolchoz sperduto in questa zona contaminata e “governato” da Nonna Ugdul, resa immortale dalle radiazioni, che non si decide a morire nonostante le continue rimostranze del Soviet, e Soloviei, suo grande amore, uno sciamano onirico il cui “hobby” principale è registrare dei discorsi deliranti da diffondere allegramente per il kolchoz.

Sarò sincera, ero terrorizzata dall’idea di leggere questo romanzo, e invece ho trovato qualcosa di incredibilmente maestoso che difficilmente mi scollerò di dosso.

Gradevolmente ironico, poetico, capace di creare un’atmosfera incredibilmente immersiva, Terminus Radioso è una metafora della (meta)narrazione, in cui i punti di vista si contraggono e si dilatano fino a creare una sensazione di assoluto smarrimento. L’inerzia e l’apatia di questo non-tempo diventano il punto focale di uno sfacelo in cui la sopravvivenza non è più il fine ultimo. Un futuro in cui non esiste futuro.

Strano, senza ombra di dubbio, a volte strapalloso, ma di quello strapalloso che CI STA, Terminus Radioso è un romanzo unico nel suo genere, che apre decine di domande alle quali difficilmente si troverà una risposta, perché la sua essenza risiede proprio nella sospensione del tutto.

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  • Titolo originale: Terminus radieux
  • Lingua originale: Francese
  • Anno pubblicazione: 2014 (prima ediz. italiana 2016)
  • Isbn: 9788898970292
  • Casa editrice: 66thand2nd
  • Traduttore: Anna D'Elia
  • Pagine: 540
Steppa sconfinata. Bianco nitore d'inverno. E d'estate le erbe, mutanti, che ondeggiano accarezzate dal vento. Un mondo contaminato, reso invivibile dalle esplosioni di reattori nucleari impazziti, orgoglio di una Seconda Unione Sovietica sull'orlo dell'abisso. Unica eccezione a questo vuoto dominato dalla natura è Terminus radioso, un kolchoz dove la vita continua a scorrere intorno a una pila atomica sprofondata nel terreno. Laggiù Nonna Udgul, a cui le radiazioni hanno regalato una sorta di immortalità, gestisce le operazioni di smaltimento dei rifiuti radioattivi, e Soloviei, il presidente, guida con i suoi poteri sovrannaturali i pochi superstiti in un'atmosfera di sogno che ha i contorni dell'incubo. E poi passano i secoli, i superstiti si disperdono, il viaggio del treno che correva lungo i binari alla ricerca di un campo di lavoro si è concluso chissà quanti anni prima. Finché un giorno migliaia di corvi si alzano in volo. E poi tutto continua, ancora, nella realtà parallela del Bardo, dentro una trappola di Soloviei, in una fine infinita, ma che importa. In questo universo - singolare, visionario, violento - tempo e spazio sono dimensioni liquide dove vivi, morti e simil tali vagano in un immenso, eterno futuro. Un universo allucinato, percorso dall'umorismo del disastro. L'universo di Antoine Volodine.

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