- Titolo originale: Girl with a pearl earring
- Genere: drammatico / storico
- Anno: 2003
- Regia: Peter Webber
- Visto: in DVD
Nomitation all’Oscar per fotografia, scenografia e costumi.
Tratto dall’omonimo libro di Tracy Chevalier, a sua volta scritto per dare una storia all’enigmatico volto dipinto dipinto da Vermeer ne “La ragazza col turbante”. Delicato, ricco di silenzi intrisi di emozioni, è una pellicola che davvero merita. L’ambientazione storica è bellissima, e il mio amore per l’arte non può non sciogliersi per la passione trasmessa dal pittore nello spiegare i colori e i giochi di luci e ombre alla giovane Griet. Un applauso alla fotografia, che meravigliosamente riproduce la luce, quella luce che rende meravigliosi i quadri di Vermeer. Degni di menzione sono l’ottima ricostruzione della cittadina olandese di Delft, negli interni così come negli esterni, e i bellissimi costumi. Meravigliosa anche la ricostruzione dello studio di Vermeer, che segue alla lettera i dettagli che sono visibili nei suoi quadri, dalle finestre al clavicordo usato in vari quadri. Il film trascorre leggero e soave soffocando tutti i problemi interni alla casa nel silenzio ovattato della neve che cade. E’ un grazioso nodo tra due vite così diverse, quella della povera Griet e quella del grande Vermeer che per un certo periodo si sfiorano, generando incomprensioni, passioni, conflitti, rabbia, tristezza ed, infine, un capolavoro: la ragazza con l’orecchino di perla.
Scarlett Joanson è bella e sensuale, nella sua apparente innocenza. In realtà interpreta bene la parte di una ragazza in bilico tra l’adolescenza e la maturità, capace di intuire i sentimenti di Vermeer ma altrettanto conscia di non doverli incoraggiare. Per merito della brava Johansson, e dei silenzi che sa colmare d’espressività, tra i due si immagina nascere una “comunanza creativa” alla quale non servono parole. Le basta infatti la materialità della pittura: la manipolazione dei colori, la disposizione degli oggetti, la scelta delle luci e delle ombre.
Se devo trovare un difetto, è che secondo me se non si è letto il libro il film risulta didascalico, un po’ enigmatico in molte sue parti, dal rapporto di Griet con Peter fino a molte situazioni che sconvolgono la povera serva, in primis la storia della cuffia, della piastrella blu e delle labbra aperte nel quadro, che sono assolutamente incomprensibili se non si conoscono il libro o la storia. Tutto questo nel libro viene spiegato dei pensieri della piccola Griet in modo meraviglioso e coinvolgente.
Confronto con il libro
Dopo aver letto il libro, il film, come spesso accade, viene visto con occhio particolare, poiché inevitabilmente si vanno a cercare situazioni che hanno segnato l’itinerario del romanzo della Tracy. La prima cosa di cui si sente assolutamente la mancanza sono i pensieri di Griet, il suo tumolto interiore, il suo rapporto coi colori e con il Maestro, che sono completamente mancanti nel film togliendogli, ahimè, molta poesia. Il rapporto di Griet con la propria famiglia è inesistente nel film, mentre nel libro segnano fortemente la protagonista la sofferenza per la morte della sorellina e le vicende del fratello. Anche la questione religiosa è molto ai margini, mentre nel romanzo è una componente che mette in risalto la differenza di due mondi di Griet e Vermeer, vicini e divisi. Viene sacrificato anche il personaggio amico di famiglia che mette in guardia Griet dalle insidie del donnaiolo mecenate Van Ruiven. Marginale anche la figura di Cornelia, che nel film appare più enigmatica di quanto non lo sia nel libro, dove è dipinta chiaramente come una bambina di carattere capriccioso e crudele, come solo i bambini sanno essere. La scena dei capelli sembra piuttosto frettolosa e non viene rispettata la sequenza del romanzo, perché è a questo punto che Griet si sente “violata” e corre da Pieter (il figlio del macellaio) per concedersi. Inoltre nel libro Griet si fore le orecchie da sola, e ci racconta il tormento che le provoca quel gesto, mente nel film è lo stesso pittore ad aiutarla. Purtroppo il finale è tronco, e nel film non si sa bene che fine faccia la povera Griet…
Qualcosa su Vermeer
Della vita di Vermeer si conosce molto poco: le uniche fonti sono alcuni registri, pochi documenti ufficiali e commenti di altri artisti. La data di nascita non si conosce con precisione, si sa solamente che venne battezzato il 31 ottobre 1632, nella chiesa protestante di Delft. Nonostante fosse di famiglia protestante, sposò una giovane cattolica, Catherina Bolnes, nell’aprile del 1653. Fu un matrimonio sfortunato: oltre alle differenze religiose, la famiglia della donna era più ricca di quella di Vermeer. Sembra che egli stesso si fosse convertito prima del matrimonio, poiché i figli ebbero nomi di santi cattolici . Qualche tempo dopo le nozze, la coppia si trasferì dalla madre di Catherina, Maria Thins, una vedova benestante, che viveva nel quartiere cattolico della città: qui Vermeer avrebbe vissuto con la famiglia per tutta la vita. Maria ebbe un ruolo fondamentale nella vita del pittore: non solo la prima nipote venne chiamata con il suo stesso nome, ma anche usò la propria rendita per sostenere il genero che cercava di imporsi nel mondo dell’arte. Johannes e la moglie ebbero in tutto quattordici figli, tre dei quali morirono prima del padre.
Art is collaboration between God and the artist, and the less the artist does the better.