La domanda è questa: l’uomo è mai stato capace d’essere felice? L’uomo senza dubbio, si, come ogni essere vivente; l’umanità no.
— pag. 286
Vi è mai capitato di acquistare un romanzo convinti che fosse una cosa, per poi invece scoprire che era qualcosa di completamente diverso?
E’ quello che è accaduto a me con La guerra delle salamandre, un libro decisamente inconsueto che si è rivelato -con mio sommo stupore e gioia- essere completamente dissimile da qualsiasi cosa si possa immaginare su di esso. Scritto nel 1936, non è un romanzo di fantascienza classico, né un documentario o un trattato di zoologia, non è una distopia né tantomeno un’utopia.
La trama in breve: il capitano Von Toch scopre in una sperduta goletta asiatica uno sconosciuta specie di salamandre umanoidi, abilissime nel trovare perle perché interessate, in realtà, al mollusco contenuto nella conchiglia. Ben presto però si scopre che le salamandre non sono solo in grado di apprendere abilità basilari, ma anche di imparare a leggere e a parlare.
Inutile dirlo, qui entra in gioco l’umana indole di ritenere di sua proprietà tutto ciò che il creato offre: le salamandre, tranquille e pacifiche di natura, vengono catturate, studiate, sezionate, testate, esposte come fenomeni da baraccone e infine usate come forza lavoro sottomarina e come difesa militare delle coste.
Ma, si sa, chi semina vento raccoglie tempesta, e così le miti salamandre faranno tesoro non solo di tutte le nuove conoscenze acquisite ma anche, e soprattutto, dell’antica arte dell’antropocentrismo, ribaltando totalmente la situazione.
La guerre delle Salamandre è un un romanzo stupefacente e di incredibile modernità. Strutturato quasi come un mockumentary, mischia generi narrativi diversi: capitoli di impostazione classica si alternano a saggi pseudoscientifici, tagli giornalistici, bollettini militari, memoriali e addirittura delle metanote (note che si riferiscono a documenti inesistenti, una cosa che non avevo mai trovato in un libro così datato), creando una narrazione variegata e imprevedibile.
Al contrario di ogni altro libro di fantascienza qui non ci sono invasioni né faide con altre razze o clan, né la conquista di inesplorati pianeti o i brandelli umani di un post-apocalisse, ma solo la narrazione, quantomai lucida e illuminata, dell’incontro tra l’uomo e delle creature altrettanto senzienti, un racconto nel quale tutto va come dove andare, in cui non ci sono eroi salvifici nè tantomeno provvidenziali colpi di scena orchestrati dall’autore.
“Le salamandre sono salamandre!” borbottò con aria evasiva.
“Duecento anni fa si diceva che i negri erano negri”.
“E non era forse vero? – chiese Bellamy. – Scacco!”
I sottintesi traboccano da ogni frase e la tagliente ironia di Čapek non risparmia nessuno: regimi, capi d’industria, scienza, società contemporanea, capitalismo e comunismo, cieca smania di potere politico, uomini, scienziati e salamandre. Il finale, ciliegina sulla torta, deflagra in tutta la sua potente verità rendendo questo libro un vero gioiello da non perdersi.
Un romanzo gustosissimo, originale, intelligente e incredibilmente ironico, che ci restituisce un’immagine lucidissima e a tratti profetica della nostra storia e della speciale capacità degli uomini di autodistruggersi.
- Genere: Fantascienza, Romanzo
- Titolo originale: Válka s mloky
- Lingua originale: Ceco
- Anno pubblicazione: 1936
- Isbn: 9788802080994
- Casa editrice: UTET
- Traduttore: Bruno Meriggi
- Pagine: 366