La Malanotte si ergeva tetra e inospitale sui declivi delle colline, fra le querce e gli ulivi contorti, e guardava la Maremma sterminata, solitaria e sconsolata, con gli occhi ciechi delle sue finestre.
Bizzarro testo del 1921 ripescato dall’encomiabile casa editrice Cliquot dal calderone dei libri dimenticati, Gomoria è un libro che parla chiaro sin dalla copertina, realizzata dall’autore stesso, in cui campeggia un demone nudo con tanto di corna: qui dentro non troverai niente di buono.
Dell’autore si hanno poche notizie. Nato a Parigi il 29 agosto 1887, dedicò gran parte della sua vita allo studio dell’occultismo, avvalendosi di esperienze personali negli ambienti esoterici tra cui l’Ordine dei Rosacroce. Ed è proprio da queste conoscenze che nasce Gomoria, romanzo esoterico (o si dice addirittura iniziatico), forse uno dei primi in Italia, caratterizzato dai temi cupi e scuri della letteratura gotica nord europea, ma allo stesso tempo dallo stile manieristico e decadente tipico di D’Annunzio.
Il protagonista è Gaetano Trevi di Monetegufo, rampollo di una ricca e nobile famiglia, una sorta di dandy perennemente annoiato e sempre in cerca di nuovi stimoli e piaceri. Una sera, preso dalla continua ricerca di nuove emozioni, si gioca l’intera fortuna al tavolo da gioco. Ormai in bancarotta, è costretto a vendere tutti i suoi averi e a ritirarsi in un vecchio e decadente podere dal nome più bello di sempre: la Malanotte. Qui, accompagnato da una misteriosa zingarella di nome Zimzerla, scoprirà una biblioteca straripante di testi esoterici di ogni tipo, primo su tutti uno pseudobiblion maledetto (precursore di due anni del Necronomicon): il Sathan, rilegato in pelle di bambino non battesimato e stilato dall’astrologo Cosimo Rugge
Arricchito da alcune tavole originali dell’autore e da una scelta dei materiali di stampa quasi pornografica (per quanto è bella), Gomoria rappresenta senza ombra di dubbio una perla rara, un romanzo dallo stile elevato e, mi si passi il termine, pomposo del manierismo italiano, talmente tanto ricco nelle sue descrizioni da risultare quasi sovraccarico, e allo stesso tempo un viaggio “faustiano“, una lenta ma inesorabile discesa verso gli inferi in cui il soprannaturale non viene mai davvero svelato, bensì sapientemente giostrato tra terrore e suggestione.
Una menzione d’onore va alla casa editrice Cliquot non solo per aver recuperato un testo preziosissimo che rischiava di finire nel dimenticatoio, ma anche per aver regalato ai lettori un’edizione pregiata, direi quasi pornografica, stampata su carta di alta qualità e arricchita da alcune meravigliose illustrazioni dell’autore stesso.