“Benvenuto nella mia casa! Entrate libero e franco. Andatevene poi sano e salvo, e lasciate alcunché della felicità che arrecate!”
Londra, fine 1800. Il romanzo si apre con il diario di Jonathan Harker, un neoavvocato inglese che ha l’incarico di recarsi in Transilvania per prendere accordi con un cliente di alto rango, un certo conte Dracula, intenzionato ad acquistare delle proprietà per trasferirsi in Inghilterra. Il povero Jonathan sarà vittima di strani fatti all’interno del castello, di cui annoterà ogni particolare, corredando la nuda cronaca con tutte le sue emozioni… Da questo punto in poi si dipanerà la storia che vede coinvolto l’orribile Conte, giovani pulzelle timorate di Dio e aitanti giovani.
I capitoli sono contraddistinti da una impostazione narrativa tipica della scrittura ottocentesca: sono rappresentati in stile diario, o lettera, e sono ricchissimi di particolari. In questo modo l’autore racconta gli avvenimenti prendendo le “sembianze” di ogni personaggio e facendo parlare ognuno di loro in prima persona, così da poter raccontare gli episodi della storia attraverso i loro occhi. I personaggi possono a volte sembrare stereotipati: quelli femminili risultano deboli e sono facili prede di Dracula, quelli maschili vivono di ottuso antagonismo. Non si può però dimenticare che questo libro è stato scritto nel 1897 e che questa era l’ottica del mondo vittoriano.
Per comprendere questo libro bisogna dimenticare i vari film che ci mostrano un vampiro innamorato e sofferente che trascina il fardello dell’immortalità. Stoker non crea nessuna empatia con Dracula: il vampiro è il male ed il nemico dell’uomo, Drakul, il Diavolo. È lontano ed esterno, diverso e senza possibilità di redenzione. E’ il simbolo di un’epoca in cui il perbenismo vittoriano si scontra con la nuova realtà dell’industrializzazione.
E, al contrario delle opere in cui siamo abituati a vederlo protagonista, qui risulta una figura sfuggente, sfumata, impalpabile; soltanto nella prima parte del libro, dove appunto c’è la visita di Jonathan Harker al castello del Vampiro nel cuore della Transilvania, appare Dracula in carne ed ossa: lo si ode parlare ed esprimersi, si ammira in maniera tangibile tutta la sua macabra sensualità. Poi improvvisamente scompare!
Dracula, nel resto del romanzo, non è altro che un pipistrello che sbatte le ali sui vetri della finestra di Lucy Westenra, un cane che balza dalla stiva del Demeter, la nebbia impalpabile che si infila sotto la porta di Mina Harker. Solo altre due volte apparirà nelle sue vere fattezze e sempre per pochi attimi, prima di scomparire nell’ignoto, nella folla, nel buio. Non lo si sente più parlare, e questo ci fa apparire la sua figura ancora più incorporea: non si avvertiremo mai un suo diretto pensiero, non scopriremo mai la sua opinione, ma lo vedremo solamente sotto la luce di chi lo sta fronteggiando e che vede in esso il male assoluto.
Il dramma, in questo romanzo, si traduce nelle sofferenza patite dagli innocenti che vengono colpiti dalla maledizione del Conte, il vampiro, il non-morto che, dal suo castello in Transilvania, domina il suo mondo di paura e morte.
Per me non è stata una lettura semplice, ma meno faticosa rispetto ad altre opere dello stesso periodo storico. In alcuni momenti la narrazione si fa statica, e certe figure, soprattutto quelle femminili, diventano un pò troppo melense, ma per fortuna di solito durano poche pagine, e subito dopo ecco sopraggiungere ancora quel senso di urgenza che gli fa riacquistare toni tetri e di mistero. Ci sono anche delle lacune in questo romanzo, e degli errori storici, ma fondamentalmente Dracula è un’opera che costituisce una tappa obbligatoria per chi ama la letteratura gotica e che, comunque, dovrebbe essere letta da chiunque in qualità di capolavoro classico.
Frasi dal libro
“Benvenuto nella mia casa! Entrate libero e franco. Andatevene poi sano e salvo, e lasciate alcunché della felicità che arrecate!” (Il conte Dracula a Jonathan Harker)
Il volto era grifagno, assai accentuatamente tale, sporgente l’arco del naso sottile e con le narici particolarmente dilatate; la fronte era alta, a cupola, e i capelli erano radi attorno alle tempie, ma altrove abbondanti. Assai folte le sopracciglia, quasi unite alla radice del naso, cespugliose tanto che i peli sembravano attorcigliarvisi. La bocca, per quel tanto che mi riusciva di vederla sotto i baffi folti, era dura, d’un taglio alquanto crudele, con bianchi denti segnatamente aguzzi, i quali sporgevano su labbra la cui rossa pienezza rivelava una vitalità stupefacente in un uomo così attempato. Quanto al resto, orecchie pallide, assai appuntite all’estremità superiore; mento marcato e deciso, guance sode ancorchè affilate. L’effetto complessivo era di uno straordinario pallore. (Descrizione del Conte dal diario di Jonathan Harker)
Ogni cosa è grigia, eccezion fatta per l’erba verde, che contro il grigio sembra smeraldo; grige rocce terrose; grige nuvole tinte, ai margini, dal riverbero del sole gravano sul mare grigio nel quale le lingue di sabbia si protendono come grige dita. Il mare si sommuove, sopra secche e banchi di sabbia, con un fragore attutito dalle brume che s’intrufolano nell’entroterra. L’orizzonte è perso in una nebbia grigia. Tutto è vastità; le nubi s’accumulano quasi rocce giganti, e sul mare di diffonde un’eco cava, bruum bruum, che sembra un presagio di sciagura. (dal diario di Mina Harker)
Chissà che qualcuno degli autori di “New Women” prima o poi non lasci l’idea che a uomini e donne dovrebbe essere permesso di vedersi a vicenda addormentati prima di avanzare o accettare una domanda di matrimonio? (Mina Harker)
“Mia tesi è questa: io desidero che voi credete.”
“Che creda cosa?”
“Che credete in cose che voi non potete” (Van Helsing al dott. Seward)
“Voi credete di farla a me, voi, con quelle vostre pallide facce tutte lì in fila, come pecore al macello! Ve ne pentirete tutti senza eccezione! Credete di avermi lasciato senza un luogo in cui rifugiarmi; ma ne ho altri ancora. La mia vendetta è solo all’inizio! Io ho secoli per compierla, il tempo è dalla mia. Le donne che voi amate, sono già mie; e tramite esse, voialtri sarete del pari miei – mie creature, pronte ai miei ordini e a divenire i miei sciacalli quando vorrò nutrirmi. Bah!” (Conte Dracula)
Trasposizioni cinematografiche
Il personaggio del Conte Dracula è rimasto popolare negli anni, accrescendo, anzi, la sua fama ed il suo fascino nel tempo, e dando quindi vita ad un elevato numero di film. Secondo una stima approssimativa (probabilmente per difetto) sono 160 i film (al 2004) in cui compare il vampiro ideato da Bram Stoker in un ruolo principale, un numero secondo solo a Sherlock Holmes. Il numero totale di pellicole che includono riferimenti a Dracula supera le 650 (sempre al 2004) secondo il portale online Internet Movie Database.
Tra i film più famosi possiamo sicuramente ricordare “Dracula di Bram Stoker”: siccome il titolo “Dracula” era stato già usato in campo cinematografico, Coppola volle scegliere “Bram Stoker’s Dracula”, per sottolineare così la sua fedeltà al romanzo. In realtà però il film si differenzia in molti aspetti fondamentali. Il motivo di queste “licenze poetiche” è chiarito dal regista: egli non voleva ancora una volta (come precedentemente nella storia del cinema, ad eccezione del Nosferatu di Werner Herzog) dare a Dracula l’aspetto e le caratteristiche di creatura mostruosa mutuata da film horror. Coppola in effetti gli conferisce umanità, donandogli delle origini (a metà tra misticismo, storia e fantasia) la capacità di amare un’altra creatura, andando perciò oltre alla semplice attrazione sessuale che per esempio esiste tra Dracula e Lucy nella versione di Herzog.