- Titolo originale: The journal of Dora Damage
- Anno: 2009
- Isbn: 9788854501515
- Pagine: 467
È il 1859 a Londra e Peter Damage, uno dei più rinomati rilegatori di libri della capitale inglese, si trova costretto dalla malattia, un’artrite reumatica che gli deforma le mani, e dall’impellente bisogno di denaro, a consentire a sua moglie Dora di praticare l’antica arte della rilegatura. È una decisione dolorosa, visto che da sempre quest’arte è trasmessa nella sua famiglia per via maschile. Nel giro di poco tempo, con l’aiuto dell’apprendista Jack Tapster e del rifinitore tedesco Sven, Dora Damage, però, non solo padroneggia perfettamente i segreti della rilegatura, ma allarga considerevolmente il giro d’affari del laboratorio di famiglia acquisendo nuovi clienti. Spicca tra questi un gruppo di altolocati aristocratici, cultori delle libertà in ogni campo e in particolare della libertà di collezionare libri pornografici.
Il brillante sir Jocelyn Knightley, la sua ardente consorte Lady Sylvia e la loro cerchia di raffinati amici commissionano a Dora preziose rilegature in pelle sotto cui celare le opere proibite nell’Inghilterra vittoriana: la celebre Fanny Hill, le memorie di una donna di piacere, oppure il Satyricon di Petronio o l’Ars Amatoria di Ovidio, per cui Dora progetta una copertina di marocchino verde scuro con una fodera scarlatta. Col marito invalido e una bambina di cinque anni epilettica, la piccola Lucinda, da assistere, e il laboratorio di famiglia da mandare avanti, Dora conduce un’esistenza per cui può soltanto indovinare le illecite attività di lord Knightley e della sua cerchia. La certezza, però, che il desiderio e le aspettative romantiche siano definitivamente escluse dalla sua vita è destinata avacillare nell’istante in cui compare all’orizzonte Din Nelson, uno schiavo nero americano venuto a cercare rifugio nel vecchio Continente.
Idea interessante, se non fosse che il libro si incarta in una struttura per niente avvincente, noiosa, e spesso ripetitiva. La nota stonata del libro sono sicuramente i “modernismi” ovvero tutta una serie di avvenimenti che sono assolutamente surreali se ambientati a metà dell’800. La modernità stessa di Dora, la protagonista del libro, e il suo cambiamento repentino da donna sottomessa e morigerata di Dio a rilegatrice di libri erotici prima, e a capostipite dell’emancipazione femminile poi, è davvero poco credibile. Alterna momenti di buona letteratura a ad altri che definirei di basso romanzetto rosa-erotico. Forse l’effetto è voluto per evidenziare il contrasto interiore tra l’alto momento creativo-intellettuale della protagonista e la bassezza dei suoi istinti. Interessante invece il quadro dei bassi borghi di Londra e della condizione della donna e degli schiavi neri all’epoca. Il racconto si risolve nelle ultime 100 pagine, con colpi di scena e rivelazioni poco probabili. 200 pagine anziché più di 400 sarebbero bastate..
Pagina 69
Il mio sguardo faceva la spola fra il plico e il volto impassibile del signor Diprose.
“Una Bibbia” disse alla fine.
“Una Bibbia? Pensavo che si trattasse solo di libri di medicina”.
“Trattiamo libri di ogni genere, signora Damage” fece Diprose con aria leggermente canzonatoria. Aveva chinato la testa di lato e mi squadrava, come se volesse leggermi nel pensiero. “Conoscete Sir Jocelyn Knightley?” Scrollai il capo. “Voglio dire, avete sentito parlare di lui? Non avete letto sui giornali del suo glorioso viaggio fra le tribù dell’Africa meriodionale? Ma chère, egli è un eminente medico: un peu studioso, un peu scienziato, un peu avventuriero. Le sue eroiche esplorazioni nel continente nero hanno attirato l’interesse perfino della Chiesa. Niente meno che il vescovo di Reading ha deciso di organizzare una missione presso quei selvaggi. Per questo Sir Jocelyn ci ha commissionato una Bibbia in latino e con il testo scritto à la main nell’idioma locale, da donare al vescovo in segno di gratitudine. Dite al signor Damage che lo rileghi sobriamente, in stile classico. Come dire… una rappresentazione della munificenza di Dio ai tropici. Mi serve entro tre settimane”.
“Grazie. Sì, signore”.
Diprose si aggrappò ai braccioli della sedia e si chinò in avanti come se stesse per alzarsi, ma il suo corpo rimase incollato alla seduta. Pensai di nuovo che avesse qualche difficoltà a muoversi, ma poi mi guardò sgranando gli occhi e capii che stava solo aspettando che mi alzassi per prima, secondo le buone maniere.
Però non mi mossi. “Signore, non sono pratica della lavorazione ma… di certo una tale opera necessiterà di materiali costosi… Vorresre essere così gentile da anticipare una piccola somma al signor Damage?”
“Je vous demande pardon?“
L’uomo non era più francese di quanto lo fossi io.
Il segnalibro
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