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Published in: Autori Italiani, Libri

La chimera – Sebastiano Vassalli

★★★★½
  • Anno: 1992
  • Isbn: 9788806129378
  • Pagine: 303
  • Genere: Romanzo Storico
  • Editore: Einaudi
In un villaggio padano del ‘600 si consuma la tragica vita di Antonia, strega di Zardino. Dal passato riemergono situazioni e personaggi a volte comici e grotteschi, a voltre colmi di tristezza.

Premio Strega e Premio selezione Campiello.

“La Chimera” è un romanzo storico ambientato nel ‘600. Un romanzo basato sul nulla, il nulla lasciato da un villaggio che non c’è più. “Il nulla che si vede” d’inverno nella bassa intorno a Novara, quando scompaiono le montagne e il cielo e la pianura diventano un tutto indistinto. Qui si consuma la storia di Antonia, bella, troppo bella per essere un esposta, cioè una ragazza abbandonata nel torno delle suore e poi adottata proprio da due contadini della bassa. Per la sua bellezza e per altri fatti essa viene accusata di essere una stria, una strega e attorno a lei iniziano a girare pettegolezzi e maldicenze che la porteranno davanti al Tribunale dell’Inquisizione. Il racconto è costellato di personaggi e luoghi meravigliosamente caratterizzati, dal parroco di paese al vescovo di Novara, ai camminanti e ai poveri risaroli che sputano l’anima chini nelle risaie. Coinvolgente e amaro, di sconfinata bellezza, il punto di forza di questo libro è che non è “la storia di”, ma “un romanzo su”: Antonia ne è fulcro, ma non protagonista; che è invece il Novarese a cavallo tra il sedicesimo e il diciassettesimo secolo: e in particolare Zardino, una piccola società di campagna con tutto ciò che ne consegue –la lotta tra le superstizioni contadine e quelle religiose, i pettegolezzi, le invidie e le faide tra vicini, le imposte al prete, i risaroli costretti a vivere in condizioni insalubri e miserevoli, le grida dei reggenti spagnoli, le invasioni di lanzichenecchi, …

 

ATTENZIONE: Spoiler
Il mondo cristiano del Seicento si erge in tutta la sua brutalità: la bellezza di Antonia, le sue escursioni notturne per incontrarsi con il moroso, le maldicenze, la siccità, e infine un inquisitore ansioso di mettersi in mostra, fanno sì che la ragazza -a soli vent’anni- venga denunciata, imprigionata, torturata e stuprata, e infine bruciata sul rogo come strega.E lo chiude lo stesso sguardo struggente del narratore che torna alla fine dell’opera a guardare il nulla dalla sua finestra, dove c’era Zardino: lì corre l’autostrada Voltri-Gravellona, e il dosso dove mori Antonia inutilmente, è spianato, non c’è più, nulla resta. Resterà invece questo romanzo, importante, bellissimo.

 

Pagina 69
Il mercato a Zardino si faceva sulla piazza della chiesa, due volte al mese, il primo e il terzo lunedì; arrivavano gli ambulanti da Novara e dai paesi della valle del Ticino: Trecate, Oleggio, Galliate ed esponevano le loro mercanzie di terrecotte, di attrezzi per l’agricoltura, di lettiere e d’altri strumenti per allevare i bigatti, di trappole per gli animali selvatici e di reti per i pesci, di calzature, di tessuti. In quei giorni, l’Osteria della Lanterna di fronte alla chiesa diventava un locale animatissimo, un vero e proprio mercato per ogni genere di trafficanti, dal bacialè (sensale di matrimoni) al cavadenti, dal barbiere che tra una barba e l’altra s’occupava anche d’affari di salute e di cuore, al venditore di grasso di marmotta per curare le artriti, al pénat: che era un eroe di queste contrade della bassa, l’individuo più odiato e più adulto dalle comari. Sul suo conto, correvano voci incontrollabili che gli attribuivano vizi e malvagità tali da far impallidire la memoria di Erode, o di Giuda Iscariota, o di Nerone; ma quando poi le comari lo incontravano per strada, si appianavano tutte le rughe del viso e gli occhi brillavano di felicità. Era lui, il pénat, che gli comprava la spiumatura delle oche pagandola pagandola al minor prezzo che riusciva a strappargli, ma pagandola in contanti: e l’amore e l’odio che le comari provavano per lui si può capire soltanto se si pensa che la vendita di quelle piume, per le donne della bassa, era l’unico modo di guadagnare del denaro, indipendentemente dai mariti; e che quelle berlinghe che gli dava il pénat, per antica consuetudine le donne non le dividevano con nessuno, erano soldi loro; il principio della loro autonomia economica, il primo passo dell’emancipazione femminile in questa parte di pianura e di mondo. Circolavano tra le comari, e si tramandavano di madre in figlia, le leggende d’alcuni pénat divenuti ricchissimi rivendendo a caro prezzo ai materassai di Novara, di Vigevano o addirittura della lontana Milano quelle stesse piume che loro, le povere comari!; avevano dovuto cedergli per pochi spiccioli. Palazzi, carrozze, servitori; mezzi quarti e quarti di nobiltà con le relative carriere nell’esercito e nel clero, messi su a forza di spiumar oche, cioè comari…

 

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