Premessa
Sebbene esista forse sin da prima degli antichi egizi, il genere erotico è da sempre stato un po’ bistrattato. Rilegato negli angolini delle librerie, risente del pudore dell’uomo moderno perché tocca argomenti privati che molti vedono come un tabù. Credo si tenda spesso a vedere la lettura di un libro erotico più come la ricerca di una cosa sporca che del suo valore letterario in sé. E in realtà credo che le cose siano vere entrambe, anche se in modi diversi.
E’ ovvio che se si compra un libro erotico lo si fa per un motivo, ed il motivo è lo stesso che ci spinge a comprare un libro drammatico piuttosto che di fantascienza: la ricerca di determinate, particolari emozioni che troviamo solo, o principalmente, in quel particolare genere. E le emozioni che può dare un libro erotico sono, ancora ovviamente, strettamente connesse con quella sfera privata dell’eros e dell’eccitazione sessuale. Ma questo non vieta a tale libro di essere anche una grande opera letteraria, dove il nostro amore per la scrittura, il coinvolgimento della trama e la caratterizzazione dei personaggi si mischiano con quelle particolari emozioni.
Capisco comunque che possa essere un genere che non piace, o al quale ci si avvicina con reticenza. Essendo un genere così strettamente personale inoltre, è facile comprendere che è quindi molto variabile da persona a persona, da un’epoca ad un’altra epoca, da un luogo del mondo all’altro: insomma se gli scritti del Marchese de Sade possono infiammare alcuni, possono benissimo lasciare altri di ghiaccio.
Arriviamo a Histire d’O
Tutta questa premessa serviva a spiegare, forse a me più che a voi, il motivo della notevole discrepanza nei giudizi dei lettori che si sono avvicinati a Histoire D’O. Leggendo le recensioni su Anobii infatti non è difficile notare che la maggior parte di esse ha il massimo o, al contrario, il minimo delle stelle. Insomma questo è a tutti gli effetti un di quei libri che, come si dice spesso, o lo ami o lo odi.
Questo perché quella di O è una storia molto particolare, che si insinua non solo nell’erotismo, ma in un campo particolare di esso, quello del sado-maso, ormai forse sdoganato dall’enorme successo di 50 sfumature di grigio, che premetto di non aver letto, ma che so essere, dai racconti di coloro che l’hanno fatto, molto casto e, quasi sicuramente volutamente, ingenuo e a tratti superficiale sull’argomento. Quella di O è una storia scioccante, che indaga il meccanismo psicologico della sottomissione erotica come via per la liberazione della propria espressività e della propria personalità, e lo fa in maniera estrema.
Quella di O non è però solo la storia di fruste e catene, e non è affatto quella di una ragazza ingenua che si lascia traviare da un ricco capriccioso che la porta a fare cose che non le appartengono. Di lei non sappiamo niente, né conosceremo il suo vero nome. Non sappiamo chi era prima, né come si sia innamorata di Renè, né che cosa l’abbia portata in quel taxi dove la troviamo all’inizio del libro, che la sta accompagnando al castello di Roissy dove lei verrà addestrata come schiava.
Quella di O è la storia dell’amore all’ennesima potenza. Amore per il proprio amante, che O tenta di soddisfare assecondando la sua perversione, donandosi completamente a lui, e accettando tutto ciò che da questo deriva. Ma lo fa assecondando anche la sua stessa perversione, quella dell’essere schiava, conscia di ciò, assolutamente consapevole, e amata per questo. O non é una “vittima”, ma una persona che ha fatto una scelta consapevole da cui non vuole uscire. Ed è quindi, se vogliamo, una metafora dell’amore per sé stessi, dell’accettazione di ciò che si è e di ciò che si desidera.
Avrebbe mai osato dirgli che nessun piacere, nessuna gioia, nessuna fantasticheria era paragonabile alla felicità che provava per la libertà con cui egli si serviva di lei, all’idea che sapesse di non dover usare nessun riguardo, di non dover tener conto di nessuna limitazione nel cercare il proprio piacere nel suo corpo?
La narrazione è quasi impalpabile, pulita, e, antiteticamente alla storia, quasi candida. Quello che viene narrato è estremo, va oltre ogni limite dettato dal pudore e mostra il lato sadomasochista che può emergere nel rapporto tra un Signore e la schiava che decide di donarsi totalmente a esso, il tutto senza mai essere volgare: esplicito, ma mai volgare. L’autrice riesce a descrivere situazioni tutt’altro che normali, permettendo al lettore di immaginare senza troppo sforzo ciò che sta accadendo, senza la necessità di termini o espressioni volgari e, anzi, con una lievità estrema, quasi come in un sogno, il sogno di O.
Esattamente come in un quadro astratto, nel quale ognuno vede e sente cose diverse, credo che per questo libro ci siano diversi livelli di lettura, dalla mera storia erotica fino alla metafora del dolore usato come strumento per la crescita spirituale (argomento noto in quasi ogni cultura religiosa), cose che vengono percepite o meno a seconda della nostra sensibilità e della nostra conoscenza dell’argomento. Quando si cerca di capire una cultura diversa infatti non basta conoscerne il linguaggio verbale, ci sono gesti, sguardi, modi di muoversi e comportarsi che nell’ottica di una cultura hanno un significato, o non ne hanno affatto, e in un’altra invece ne assumono uno totalmente diverso.
E’ proprio a proposito del sogno che viene forse l’unica nota dolente del libro: il finale, o meglio, quelli che l’autrice ha spiattellato come due possibili finali, in due frasi di numero, nell’ultima pagina, senza che ce ne fosse alcun reale bisogno. Dicevo che quello che viene narrato è come un sogno e, come ben sappiamo, nessun sogno finisce davvero. I sogni sono, per loro natura, “monchi”, svaniscono negli attimi in cui si transita dal sonno alla veglia senza avere un epilogo. Non c’era quindi nessuna necessità di un finale per il libro. Sarebbe stato sufficiente lasciarlo sfumare così, lasciando al lettore il compito, o il piacere, di immaginare l’eventuale sviluppo della trama.
In conclusione quindi, un libro che a me è piaciuto moltissimo, un erotismo delicato nella sua estrema violenza, candido nella sua oscenità, forse non adatto a tutti, e potrei dire probabilmente più di gusto femminile che maschile.
I sonosologadget
Frasi dal libro
“Lei confonde l’amore con l’ubbidienza. Mi ubbidirà senza amarmi, e senza che io l’ami”. (pag. 113)
O non aveva compreso, ma aveva finito per riconoscere come una verità innegabile e importante il groviglio contraddittorio e costante dei suoi sentimenti: amava l’idea del supplizio, quando lo subiva avrebbe tradito il mondo intero per sfuggirvi, quando era finito era felice di averlo subìto, tanto più felice quanto più era stato lungo e crudele. (pag. 181)
Avrebbe mai osato dirgli che nessun piacere, nessuna gioia, nessuna fantasticheria era paragonabile alla felicità che provava per la libertà con cui egli si serviva di lei, all’idea che sapesse di non dover usare nessun riguardo, di non dover tener conto di nessuna limitazione nel cercare il proprio piacere nel suo corpo? (pag. 215)
Il sequel
Nel 1969 l’autrice Dominique Aur, con lo stesso pseudonimo di “Pauline Réage” usato per pubblicare Histoire d’O, pubblicò Ritorno a Roissy, che si pone come la continuazione di Storia di O, come uno dei due distinti finali proposti per quel romanzo.
Trasposizioni cinematografiche
E’ celebre l’omonima trasposizione cinematografica del 1975 diretta da Just Jaeckin, che aveva già diretto la trasposizione di Emmanuelle, altro romanzo erotico di una diversa autrice.
Il film ha avuto tre sequel, dei quali il primo apocrifo il secondo trasposizione di “Ritorno a Roissy”, e l’ultimo più simile ad un remake che ad un sequel.
Il segnalibro
Pauline Réage
Dominique Aury, pseudonimo di Anne Desclos è stata una scrittrice francese. È conosciutissima, sotto lo pseudonimo di Pauline Réage, come autrice del romanzo Histoire d’O.
Allevata in Bretagna dalla nonna, studia al Lycée Fénelon a Parigi. È poi la prima donna ammessa in “khâgne” (classe preparatoria letteraria) al Lycée Condorcet. Conduce studi di inglese alla Sorbona. Suo padre, egli stesso agrégé d’inglese, le presenta Jean Paulhan, direttore della prestigiosa Nouvelle Revue Française. Durante la guerra – nella Resistenza ella amava la fratellanza, il pericolo e il disprezzo della morte – presenta una “Antologia della poesia religiosa francese”.
Lavorando con Paulhan, più anziano di lei di vent’anni, Dominique Aury s’innamora. Verso l’età di quarant’anni, sentendo che il suo amante si stava allontanando da lei, e in reazione a un’osservazione da lui fatta, «le donne non possono scrivere romanzi erotici», Dominique Aury scrive Histoire d’O che viene rifiutato dal suo editore Gallimard, permettendo così al giovane editore Jean-Jacques Pauvert di pubblicare uno dei suoi primi best-seller.
Nel 1956 il suo libro Lecture pour tous vincerà il premio della critica. Dominique Aury parteciperà a numerose giurie letterarie e riceverà la Legion d’Onore.
Nel 1994, in un’intervista al New Yorker, ammette infine ufficialmente di essere stata l’autrice misteriosa di Histoire d’O, precedentemente attribuito ad altre autrici.