Non ho ricordi di quando ero piccolo, non ne ho nemmeno uno. Eppure devo essere stato bambino anch’io, ma di quegli anni non mi è rimasto dentro niente. Mi ricordo di ieri, del giorno prima e di quello prima ancora. Ricordo le cose che faccio e come devo farle, ma non il momento in cui ho imparato le più importanti. […]
— incipit
Vivo in un tempo fermo dove i ricordi non esistono, dove non esiste un prima.
Romanzo d’esordio di Filippo Tapparelli e premio Calvino 2018, L’inverno di Giona è una sorta di giallo onirico, un romanzo evocativo, ambiguo, in cui niente è come sembra e tutto continua a ribaltarsi in un vortice di memorie perdute.
Giona non ha ricordi. Sa di essere stato bambino, ma niente di quel periodo sopravvive nei suoi ricordi a parte un logoro maglione rosso. Vive con il nonno Alvise che sembra fatto della stessa roccia della montagna che sovrasta il paese, paese in cui «il tempo è bloccato in un oggi senza ieri, che non diventerà mai domani.». Duro, autoritario, inflessibile, il nonno non manca mai di punirlo ad ogni passo falso: punizioni violente, umilianti e logoranti, in cui il dolore fisico si mischia a quello dell’anima.
“La sapienza, Giona, si acquisisce attraverso la sofferenza. Deve essere così. Diffida da chi impara con gioia, perché ciò che si apprende senza dolore, altrettanto facilmente si dimentica.”
Quello di Giona è un viaggio introspettivo e doloroso nel ricordo, fatto di flashback, lampi di memoria che si confondono e si accavallano in cerca di una verità che sembra non essere mai la stessa. Un viaggio in un universo privo di affetto, solitario, violento, cui la terra sembra sempre sgretolarsi sotto i piedi e la nebbia appare impenetrabile.
Dopo un inizio davvero promettente, ansiogeno, dolorosissimo, purtroppo il romanzo si dilata enormemente nella parte centrale, che mi è sembrata durare un’eternità.
Tapparelli è un bravissimo descrizionista, capace di creare atmosfere estremamente evocative, scure e nebbiose, in cui la mente di Giona rimbalza claustrofobicamente sulle mura del pease, ma le continue digressioni in cui l’autore indugia finiscono per togliere tutto il pathos creato all’inizio, diluiscono il nucleo in mille tediosi rigagnoli in cui è facile perdersi.
L’inverno di Giona è un romanzo con un indubbio fascino insomma, ma in cui la surreale lentezza può fiaccare taluni lettori (ma probabilmente affascinarne altri). Le 190 pagine di cui è composto non sono molte, eppure in questo caso sono davvero troppe e mi viene da pensare che, snellito e aggiustato nei punti giusti, sarebbe stato un bellissimo racconto lungo.
Il tutto si riprende comunque nel finale, non originalissimo se posso dirlo, ma che offre una degnissima e coinvolgente conclusione al libro.
Nonostante tutto, resta l’impressione che Tapparelli sia un autore capace e ricco di talento, che può apprendere dagli errori di un’opera prima per regalarci, in futuro, qualcosa di sorprendente.
- Genere: Romanzo
- Anno pubblicazione: 2019
- Premio: Premio Calvino 2018
- Isbn: 9788804708070
- Casa editrice: Mondadori
- Pagine: 190