Ishiguro è uno scrittore avventuroso in un modo in cui pochissimi romanzieri al giorni d’oggi sono. Con la sua poliedricità è riuscito a toccare un’incredibile varietà di territori, dalla campagna inglese degli anni ’30 raccontata attraverso gli occhi di un maggiordomo represso (Quel che resta del giorno), alla fantascienza utopica di Non lasciarmi, al pianista senza nome che gira per una città dell’Europa centrale, sul punto di dare un concerto che non ricorda di aver accettato di fare (Gli inconsolabili), a un’anziana vedova che rivive l’esperienza del bombardamento di Nagasaki (Un pallido orizzonte di colline).
Con Il Gigante sepolto, Ishiguro ci porta nell’epico periodo di Re Artù, tra cavalieri, draghi, e povera gente. I due protagonisti, Axl e Beatrice, sono due anziani signori afflitti da un tormento, una sorta di amnesia che priva i due dei ricordi della loro storia. A causarla pare essere una strana nebbia dilagante che, villaggio dopo villaggio, avvolge indistintamente tutte le popolazioni. I due decidono di partire per andare a trovare loro figlio, del quale si erano dimenticati e che è riemerso per caso da uno sprazzo di ricordo in una notte buia.
Ishiguro sconfina in un genere considerato forse “di second’ordine” come quello del Fantasy (le discussioni su Internet riguardo all’argomento si sono sprecate, e lo stesso Ishiguro ha voluto precisare che questo libro non fosse in effetti un fantasy, scatenando le ire dei fan del genere), costruendo però non una storia di epiche imprese, bensì, come egli stesso afferma, usandolo come un veicolo per sperimentare un percorso sulla memoria e, soprattutto sulla perdita della memoria, intesa non solo come memoria personale, ma anche come memoria storica e collettiva, un viaggio allegorico nella nebbia dei ricordi, alla ricerca di qualcosa di perduto che potrebbe però portare con sé anche un pesante fardello.
I personaggi sono pochi ma ben strutturati, il linguaggio è avvolgente, elevato ma senza mai essere complesso solo per il gusto di esserlo, le frasi scorrono ritmiche, dimostrando una profonda ricerca che però rimane nascosta e che non ha la pretesa, o forse il bisogno, di essere mostrata.
Nonostante tutto questo però, Il gigante sepolto lascia con un po’ amaro in bocca. E’ una bella storia, che non annoia e, anzi, in alcuni momenti appassiona e rapisce, in cui l’amore dei due anziani Axl e Beatrice intenerisce e commuove, ma che scorre via per non lasciare poi molto dietro di sé.
Succedono tante cose ma in fin dei conti sembra che non succeda niente, e c’è di fondo come un senso di distaccamento che lascia perplessi e smarriti.
Quella da Ishiguro è una storia triste che diventa lieve, che affronta temi profondi ma lo fa in punta di piedi, senza sconvolgere né, talvolta, coinvolgere. Che sia voluto? Che la nebbia che obnubila i ricordi sia una metafora non solo all’interno della storia, ma una chiave di lettura del libro (inteso come oggetto nel suo complesso) stesso? Probabilmente si, e c’è sicuramente chi apprezzerà una storia che vale comunque la pena di essere letta, ma altri forse rimarranno un po’ delusi da un Ishiguro che sembra distante da quello di Non lasciarmi.
Il segnalibro
Kazuo Ishiguro
Kazuo Ishiguro è nato a Nagasaki nel 1954 e si è trasferito con la famiglia in Inghilterra nel 1960. Laureato in letteratura e filosofia, ha iniziato la sua carriera come scrittore di testi per canzoni e vive a Londra con la moglie scozzese tornando raramente nel suo paese d’origine.
Privilegia una forma di scrittura non lontana dal tradizionale realismo occidentale, differenziandosi in questo dagli orientamenti postmoderni e dalle aperture multiculturali dei giovani scrittori britannici. Suo tema dominante è la rievocazione di un passato individuale e nazionale, situato negli anni del secondo dopoguerra, in un mondo dove è in atto un totale mutamento di costumi, accompagnato dalla perdita dei valori tradizionali. Vincitore del Booker Prize nel 1989 con il romanzo The remains of the day, che gli ha dato fama internazionale, e nel 2005 con Never let me go. Nel 2008 il «Times» l’ha incluso fra i 50 più grandi autori britannici dal 1945.
Nel 2017 gli è stato conferito il premio Nobel per la letteratura “perché, nei suoi romanzi di grande forza emotiva, ha svelato l’abisso sottostante il nostro illusorio senso di connessione con il mondo”.