Oggi auguriamo un Buon Non Compleanno ad un autore a me molto caro: Charles Bukowski, genio sregolato e sempre alle prese con l’alcol, i cavalli, le donne e i debiti.
16 agosto 1920 — nasce ad Andernach, in Germania, Heinrich Karl Bukowski da padre statunitense di origini polacche e tedesche, Henry Bukowski, e da madre tedesca, Katharina Fett.
Charles ha solo tre anni quando la famiglia si trasferisce a Los Angeles, negli Stati Uniti. Qui trascorre l’infanzia costretto dai genitori a un quasi totale isolamento dal mondo esterno. Già si notano i primi segni della sua vena ribelle e di una fragile, confusa vocazione alla scrittura. A sei anni, è un bambino con un carattere già ben formato: schivo e impaurito, escluso dalle partite di baseball giocate sotto casa, irriso per il suo tenue accento teutonico, manifesta difficoltà di inserimento.
A tredici anni inizia a bere e a frequentare una chiassosa banda di teppisti. Nel 1938 Charles Bukowski si diploma senza troppi entusiasmi alla “L.A. High School” e frequenta per un paio di anni l’università, associandosi prima con un gruppo di nazisti e poi frequentando l’estrema sinistra.
Al L.A. City College, poco prima che cominciasse la seconda guerra mondiale, mi atteggiavo a nazista. Distinguevo a fatica Hitler da Ercole e non poteva importarmene di meno. Era soltanto lo stare seduti a lezione e sentire tutte le prediche patriottiche su come dovremmo andar lì e fare del nostro meglio, mi vennero a noia. Decisi di diventare l’opposizione. Non mi prendevo il tempo neppure per informarmi su Adolf, semplicemente sputavo qualsiasi cosa che pensavo fosse malvagia o bestiale.
A vent’anni abbandona la casa paterna. Inizia così un periodo di vagabondaggio segnato dall’alcol e da una sequenza infinita di lavori saltuari. Bukowski è a New Orleans, a San Francisco, a St. Louis, soggiorna in una pensione-bordello di tagliagole filippini, fa il lavapiatti, il posteggiatore, il facchino, si sveglia sulle panchine dei parchi pubblici, per qualche tempo finisce perfino in galera. E continua a scrivere. I suoi racconti e le sue poesie trovano spazio su giornali come “Story” ma soprattutto sulle pagine delle riviste underground. Non è infatti una fugace o “poetica” linfa creativa che lo induce a scrivere, ma la rabbia verso la vita, l’amarezza perenne del giusto di fronte ai torti e all’insensibilità degli altri uomini.
Le storie di Charles Bukowski sono imperniate su un autobiografismo quasi ossessivo. Il sesso, l’alcol, le corse dei cavalli, lo squallore delle vite marginali, l’ipocrisia del “sogno americano” sono i temi sui quali vengono intessute infinite variazioni grazie a una scrittura veloce, semplice ma estremamente feroce e corrosiva. Assunto dal Postal Office di Los Angeles e inaugurato un burrascoso rapporto sentimentale con Jane Baker, Bukowski attraversa gli anni ’50 e ’60 continuando a pubblicare semiclandestinamente, soffocato dalla monotonia della vita d’ufficio e minato da eccessi di ogni genere. Nel settembre dei 1964 diviene padre di Marina, nata dalla fugace unione con Frances Smith, giovane poetessa.
Nel 1967 comincia l’importante collaborazione con il settimanale alternativo “Open City”: le sue velenose colonne verranno raccolte nel volume “Taccuino di un vecchio sporcaccione“, che gli regalerà ampi consensi fra gli ambienti della protesta giovanile. La speranza di poter divenire uno scrittore full time gli dà il coraggio di licenziarsi dall’insopportabile ufficio postale all’età di 49 anni (quegli anni sono condensati nel memorabile “Post Office“).
Nel 1969, dopo la tragica morte di Jane, stroncata dall’alcol, Bukowski conosce l’uomo destinato a cambiargli la vita: John Martin. Manager di professione e appassionato di letteratura per vocazione, Martin era rimasto fortemente impressionato dalle poesie di Bukowski tanto da proporgli di lasciare l’impiego all’ufficio postale per dedicarsi completamente alla scrittura. Lui si sarebbe occupato della fase organizzativa di tutta l’operazione, provvedendo a versare a Bukowski un assegno periodico quale anticipo sui diritti d’autore e impegnandosi a promuovere e a commercializzare le sue opere. Incoraggiato dai buoni risultati ottenuti dalle prime plaquette stampate in poche centinaia di copie, John Martin fonda la “Black Sparrow Press”, ripromettendosi di pubblicare tutte le opere di Charles Bukowski.
In pochi anni è il successo. Inizialmente i consensi sembrano essere limitati all’Europa, poi la leggenda di “Hank” Bukowski, ultimo scrittore maledetto, sbarca negli Stati Uniti. Inizia il periodo dei reading poetici, vissuti da Bukowski come un vero e proprio incubo e documentati magnificamente in molti dei suoi racconti.
Proprio durante una di queste letture, nel 1976, Bukowski conosce Linda Lee, unica tra le sue molte compagne a mitigarne la vena autodistruttiva, l’unica capace di mettere freno alla pericolosa imprevedibilità di Hank. Gli stenti del vagabondo paiono d’altronde ormai terminati: Hank è ricco e universalmente conosciuto come il bizzarro scrittore di “Storie di ordinaria follia“. Linda gli fa cambiare regime alimentare, gli riduce l’alcol, lo incoraggia a non alzarsi mai prima di mezzogiorno. Il periodo degli stenti e del vagabondaggio si chiude definitivamente. Gli ultimi anni sono vissuti in grande serenità e agiatezza. Ma la vena creativa non viene meno. Charles si ammala di tubercolosi nel 1988, tuttavia, in condizioni fisiche via via più precarie, continua a scrivere e a pubblicare. La morte lo colpisce il 9 marzo 1994.
Ti ho dato tante di quelle occasioni che avresti dovuto portarmi via parecchio tempo fa. Vorrei essere sepolto vicino all’ippodromo… per sentire la volata sulla dirittura d’arrivo.
Auguriamo quindi Buon Non Compleanno al vecchio Buk, che oggi festeggerebbe con una birra… forse anche due o tre.
I suoi libri di cui ho parlato li trovate QUI.