Albert Camus, nato a Dréan il 7 novembre 1913, è stato uno scrittore, filosofo, saggista, drammaturgo, giornalista ed attivista politico francese.
Con la sua multiforme opera è stato in grado di descrivere e comprendere la tragicità di una delle epoche più tumultuose della storia contemporanea, quella che va dall’ascesa dei totalitarismi al secondo dopoguerra e al concomitante inizio della guerra fredda. Non solo: le sue riflessioni filosofiche, magistralmente espresse in immagini letterarie, hanno una valenza universale e atemporale capace di oltrepassare i meri confini della contingenza storica, riuscendo a descrivere la condizione umana nel suo nucleo più essenziale.
Il suo lavoro è sempre teso allo studio dei turbamenti dell’animo umano di fronte all’esistenza, in balia di quell’assurdo definito come «divorzio tra l’uomo e la sua vita». L’unico scopo del vivere e dell’agire, per Camus, che pare esprimersi dialetticamente fuori dell’intimità esperienziale, sta nel combattere, nel sociale, le ingiustizie oltre che le espressioni di poca umanità, come la pena di morte: «Se la Natura condanna a morte l’uomo, che almeno l’uomo non lo faccia», usava dire.
Camus ricevette il Premio Nobel per la letteratura nel 1957. Malato da anni di tubercolosi, morì nel 1960 in un incidente stradale.